Chiesa di Santa Maria Assunta

Nel cuore del centro storico, in  Porticella il cui nome deriva da una porta d’ingresso all’antico nucleo abitativo che conduceva al Castello di Bollita, castello del poeta Diego Sandoval De Castro, sorge la Chiesa Madre dedicata a “Santa Maria Assunta in cielo”, essa ha forma rettangolare ed è divisa in tre navate, una centrale e due laterali.
Non si sa l’anno esatto della sua fondazione, ma la prima notizia documentata risale al 1111. Nel novembre del 1269 Leonardo, vescovo di Anglona, fece delle concessioni al monastero del Sagitario ed alcuni canonici diedero il loro consenso, fra questi figurava l’arciprete Giovanni di Bollita ed il canonico di Anglona.
La Chiesa è di origine contadina ed è stata fondata con le pie elargizioni dei fedeli, la maggior parte di essi erano proprietari terrieri che alla fine della loro vita lasciavano una parte dei loro averi per assicurarsi delle messe funebri. Oltre al luogo di preghiera era anche luogo di sepoltura dei morti e sede dell’ufficio anagrafe, questo incarico durò dal Concilio di Trento del 1564, fino al 1809, anno in cui Gioacchino Murat attuò la separazione tra autorità religiose e civili, creando così i Municipi.
La chiesa risalente all’epoca medievale è quella sottostante all’attuale chiesa, infatti, c’è un dislivello di 11 metri dall’attuale piano (pavimento) della chiesa ubicata in piazza San Tommaso al piano sottostante, dove si trovava il vecchio ingresso, ed era proprio nel cuore del “Castrum Boletum” verso via “porta Vetere” o zona “Sterro”, principale entrata. Nel 1585 è stata costruita l’attuale chiesa che si erge su quella precedente, ma essa era più corta di quella sottostante. Successivamente, intorno al 1750, la chiesa è stata ampliata e costruita su una parte di piazza San Tommaso. L’ ampliamento e la ristrutturazione avvenne ad opera delle famiglie più in vista di Bollita, che contribuirono alla costruzione ed in cambio ottennero il permesso per poterci costruire delle cappelle funebri. Le famiglie che diedero principalmente il loro contributo furono: Gianpietri, Spanò, Battifarano, Viccari, Orioli, Pastore, Muscetta, Stigliano e altre, accanto alle tombe delle medesime famiglie c’era una tomba comune per i parroci di Bollita e una fossa comune per i cittadini. L’ unica restaurazione documentata è quella del 1585, come risulta dall’acqua santiera, datata 1585.
Sullo sfondo di essa, è situato l’altare maggiore, di stile settecentesco in marmo chiaro e alle spalle dell’altare c’è il coro ligneo, stupenda opera di falegnameria i cui lavori vennero eseguiti da falegami lagonegresi, Martino e Pasquale Fusco, padre e figlio i quali usarono legno di noce e pioppo stagionato, acquistato a Lagonegro, Latronico e Teana e richiese una spesa di 176 ducati e 16 grani. 
A ridosso della prima colonna, in pietra scura con basamento prismatico a base quadrata, c’è un’acquasantiera con la scritta 1585 che indica la data della costruzione della chiesa. La coppa contenente l’acqua santa, è sovrastata da una croce bronzea in bassorilievo su formella datata 1911.
Proseguendo sempre lungo questa navata, si incontra la nicchia con la statua della Madonna delle Grazie con l’altarino marmoreo addossato, fatto restaurare dal prefetto di polizia borbonica, Francesco Antonio Gianpietri, lo documenta la lapide con la scritta in latino, il quale ha donato la croce con il suo nome scritto e sei candelabri che fino a qualche anno fa addobbavano l’altare centrale.
Segue un altare addossato alla parete sovrastato da un dipinto della pietà fatto restaurare nel 1844 dalla nobildonna Vittoria Viccari. Una nicchia con la statua in cartapesta raffigurante Santa Lucia sta fra questo altare ed un altro anch’esso in marmo fatto costruire dal duca Alfonso Crivelli verso la seconda metà del 1700. E’ sovrastato da un dipinto ad olio di San Nicola. Sull’alto della cornice poggia lo stemma dei Crivelli. E’ un Crivello d’oro caricato dall’aquila spiegata di nero e con corona aurea.
Il dipinto venne restaurato per devozione dall’arciprete Antonio Scarano nel 1844. Sulla seconda colonna è posta una lapide recante la seguente iscrizione: In memoria della nobildonna Giuseppa Lamberti; prima moglie di Domenico Spanò.
Sulla parte della navata sinistra c’è un dipinto ad olio della Madonna del Rosario del 1788, restaurato nel 1873 e nel 1957.
Segue la nicchia con la statua in legno della Madonna del Carmine del 1700, (trovata in una nicchia da cui prende il nome la contrada, grotta del Carmine) con altre tre contenenti rispettivamente un simulacro in cartapesta di San Rocco; di san Giuseppe in legno di tiglio acquistata ad Ortisei in Valgardena nel 1974; di San’Antonio, degli inizi del secolo.
Alle spalle dell’altare principale si trova un grande dipinto dell’Assunta in cielo di ottima fattura.
Sull’altare principale sono conservati candelieri ed oggetti liturgici donati dal Giampietri insieme ad una croce in bronzo massiccio con inciso la “legenda” in lingua latina: “Franciscus Giampietri Praefectus urbis Neapolis 1819”.
Fino a quando il patrimonio ecclesiastico fu curato da parroci nativi di Bollita, rimase integro; cominciò ad assottigliarsi durante il sacerdozio di D. Nicola Albisinni, originario di Rotondella, il quale diresse la chiesa di Bollita dal 1834 al 1855.
    

Fonte: Nova Siri “Un Viaggio nel Ricordo” di Carmine Stigliano, casa editrice Archivia, anno 2004; Nova Siri nella storia e nella tradizione di Gaetano Stigliano, stampato nella Trans Tipografia di Lofranco Pietro, luglio 1983

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